La blockchain ci salverà dalle fake news

Le caratteristiche di registro distribuito, notarizzazione, smart contract possono costituire una potente macchina della fiducia a vantaggio della narrazione sicura dei contenuti informativi in rete

Pubblicato il 02 Dic 2020

Barbara Calderini

Legal specialist , compliance manager Beenomio Srl

blockchain fake news

La diffusione capillare e rapida di fake news e disinformazione, facendo leva sull’influenza dei social media nella società democratica in rapida evoluzione ha un costo alto che stiamo scontando tutti. La blockchain potrebbe essere uno strumento decisivo nella lotta alle fake news?

Come si potrebbe usare la blockchain contro le fake news

Se da una parte è certo che la stessa non riuscirà a evitare che le fake news vengano create e diffuse e non potrà mai arrivare a garantirne la veridicità o la legittimità; dall’altra, la stessa potrebbe senza dubbio contribuire ad arginarne il fenomeno aggiungendo elementi di maggiore certezza sulla provenienza di una notizia e l’autorevolezza delle sue fonti.

Potrebbe “certificare” (un termine questo piuttosto delicato e forse anche poco desiderabile se abbinato alla blockchain) o meglio “notarizzare” l’autore e quindi la sua attendibilità; tracciare il percorso dei contenuti; fungere da “sigillo”, assicurando che tali contenuti durante i vari passaggi da una fonte ad un’altra non subiscano alterazioni non autorizzate in quanto indissolubilmente legati ad un riferimento temporale o Timestamp in veste di prova di provenienza, prova di integrità e prova di esistenza. Ma non basta.

“Non sono soltanto le modalità dell’informazione dal lato dell’offerta (e cioè la natura frammentata ripetitiva della stessa) a generare i fenomeni di falsa percezione, ma anche le attitudini dal lato della domanda”. Così Agcom nell’ambito dell’indagine conoscitiva “News vs. fake nel sistema dell’informazione”

Tra i due asset attorno ai quali ruota il disturbo informativo: “offerta” di disinformazione e “domanda” dei relativi contenuti (dove preponderante è l’aspetto emozionale degli individui), la blockchain, può senz’altro incidere in maniera significativa sul primo dei due, risultando invece piuttosto inerme su quello degli utenti finali, in balia delle emozioni quando non addirittura dei pregiudizi e distanti da qualsiasi forma di pensiero critico.

In breve, una sorta di certificazione di qualità il cui limite maggiore risiede proprio nella certificazione della verità.

Esaminiamo le maggiori applicazioni sul campo.

Approccio decentralizzato a beneficio della “narrazione sicura e trasparente”

Il 30 ottobre scorso, Verizon ha presentato la piattaforma Full Transparency, ovvero “un prodotto per la redazione di notizie open-source, basato su blockchain, progettato per alzare il livello di responsabilità aziendale”. L’intento è chiaro: documentare in modo immutabile i comunicati stampa dell’azienda su una blockchain pubblica.

“Tutti i comunicati stampa pubblicati dalla Verizon Newsroom saranno protetti e vincolati utilizzando principi crittografici, in modo che i cambiamenti successivi possano essere tracciati e contestualizzati”. Anche se “solo le modifiche al testo sono attualmente tracciate sulla blockchain” riferisce a Cointelegraph un portavoce della società Verizon.

La società statunitense cita, a sostegno delle proprie ambizioni, il report “Edelman Trust Barometer 2020” evidenziando la pesante crisi di fiducia del pubblico nei confronti dei media in generale e della conseguente qualità dell’informazione.

Fonte

Cosa sono i deepfakes e cosa può fare la blockchain

I “deepfakes“, file audio e video manipolati che hanno lo scopo di imitare un politico o una celebrità, sono una delle maggiori potenziali preoccupazioni riguardo alle notizie false.

Tali previsioni non stupiscono gli analisti di Gartner che, infatti, nel proprio report Gartner 2020 Predicts”, arrivano a includere la tecnologia legata alla blockchain in chiave di autenticazione dei contenuti informativi diffusi nel web, tra le strategie cruciali a guida del futuro prossimo: “entro il 2023, fino al 30% delle notizie e dei contenuti video in tutto il mondo potrebbe essere autenticato come reale dalla blockchain, contrastando efficacemente la tecnologia deep fake”.

Non solo certificazione di testi, quindi, ma anche di immagini, fotografie e video di notizie, sottoposti alla registrazione immutabile e condivisa abilitata dalla blockchain (i cui cinque elementi chiave consistono in distribuzione, crittografia, immutabilità, tokenizzazione e decentralizzazione) e, quindi, idealmente visualizzabili dagli utenti.

Ne è fermamente convinta Avivah Litan, vicepresidente della Blockchain Research Community di Gartner che, in un post sul blog, richiamando anche gli obiettivi perseguiti da Jack Dorsey, CEO di Twitter, ne evidenzia tutte le potenzialità e le aspettative.

Twitter sta “finanziando un piccolo team indipendente composto da un massimo di cinque esperti open source, tra cui ingegneri e designer, per sviluppare uno standard aperto e decentralizzato per i social media. L’intento è consentire agli utenti di leggere ciò che vogliono, offrendo filtri basati sulla blockchain per autenticare i contenuti. Gli utenti rimarrebbero liberi di applicare o meno i filtri”.

“La verità è quasi una reliquia del passato”, afferma Litan “Ovviamente, ciò che mi viene in mente sono notizie false e video deepfake, ma la disinformazione va ben oltre: prodotti farmaceutici falsi, beni di lusso, cibo; qualsiasi cosa può essere falsificata”.

“Ma con blockchain e l’intelligenza artificiale è possibile creare whitelist e blacklist per aiutare a distinguere il vero dal falso. E le applicazioni stanno avanzando rapidamente dal teorico al pratico” aggiunge.

Verizon, Gartner e Twitter guardano, dunque, con ottimismo al futuro della blockchain quale strumento di contrasto alla creazione e diffusione di contenuti falsi; e non sono i soli.

Anche gli accademici approvano l’uso della blockchain contro le fake news

Due interessanti e recenti contributi provenienti dal mondo accademico hanno evidenziato con ricchezza di particolari la vasta gamma dei potenziali usi futuri della blockchain applicata al giornalismo e al mondo dell’informazione. Non sono mancate neppure utili raccomandazioni tese a guidare i futuri ricercatori su questioni cruciali come la lotta contro il pregiudizio degli utenti e gli abusi ai quali si prestano le tecnologie emergenti come l’IoT, il Natural Language Processing e il Deep Learning, sempre più utilizzati per creare modelli come i GAN (Generative Adversarial Networks) che consentono manipolazioni realistiche di immagini e video praticamente perfette e perciò altamente insidiose.

Il primo è lo studio pakistano di Adnan Qayyum, Junaid Qadir, Muhammad Umar Janjua, and Falak Sher intitolato “Using Blockchain to Rein in the New Post-Truth World and Check the Spread of Fake News”che propone lo sviluppo di un framework basato su blockchain per combattere la disinformazione composto da tre parti:

  • un protocollo di gestione degli editori decentralizzato che valuta la reputazione delle testate giornalistiche;
  • uno smart contract che pubblica articoli di notizie sulla rete, insieme a informazioni rilevanti come editore, timestamp, chiave pubblica crittografica, ecc.

una blockchain con nodi miner “onesti” per impedire che attori malintenzionati prendano il controllo della rete.

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Il secondo è uno studio spagnolo, ancora più intraprendente, redatto da Paula Fraga-Lamas e Tiago M. Fernandez-Carames, “Fake News, Disinformation, and Deepfakes: Leveraging Distributed Ledger Technologies and Blockchain to Combat Digital Deception and Counterfeit Reality”, in cui gli autori propongono una serie di casi in cui la blockchain e altre tecnologie di registro distribuito (DLT) potrebbero essere applicate al giornalismo.

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Da un sistema di “verità incentivata”, in cui a fact-checker affidabili vengono forniti token o altri incentivi man mano che la loro reputazione di attendibilità aumenta (richiamando la logica alla base della piattaforma lettone 4Facts.org), al protocollo aperto per monitorare la credibilità delle notizie che chiamano Proof-of-Thruth (PoT), dove qualsiasi nodo della rete può verificare se un contenuto fa o meno parte di una blockchain a presidio dell’autenticità dei dati, affinchè gli stessi non si rivelino falsificati prima che un articolo venga archiviato sulla blockchain.

Altri protagonisti della blockchain quale nuova frontiera digitale contro la disinformazione

“Don’t trust. Verify”: in che modo le agenzie di stampa potrebbero sfruttare la tecnologia blockchain per far emergere le informazioni sulla fonte per la fotografia di notizie?”

È rispondendo a questa domanda che, nel 2019, il New York Times ha lanciato The News Provenance Project, la nota iniziativa, condotta dal team di ricerca e sviluppo del New York Times che mira a sfruttare la tecnologia blockchain per combattere le fake news.

Supportati da IBM Garage, hanno sviluppato un proof of concept (hanno cioè creato una rete privata di testate giornalistiche teoriche e una piattaforma di social media simulata che condivideva la proprietà di un database e di un libro mastro)che utilizza la blockchain di Hyperledger Fabric, un framework blockchain privato e autorizzato, per archiviare, in modo trasparente e immutabile, metadati contestuali su foto e video di notizie. Metadati che individuano l’autore o gli autori dei contenuti, dove e quando sono stati creati, quando sono stati pubblicati e modificati, come vengono utilizzati in una rete di agenzie giornalistiche.

Fonte:

I ricercatori del New York Times R&D Lab, hanno pertanto implementato il relativo prototipo, con il duplice intento di verificare da una parte, se le informazioni contestuali rese visibili (come didascalie descrittive, informazioni su ora e posizione), come il nome del fotografo e il luogo raffigurato nella foto, potessero aiutare i lettori a cui venivano sottoposti (interviste approfondite con 34 utenti giornalieri di social media provenienti da diversi background, posizioni geografiche e con preferenze relative alle notizie sia per le notizie di sinistra che per quelle di destra) a discernere meglio la credibilità delle foto di notizie nei loro feed social. E dall’altra, quanto si rivelasse utile ed efficace sfruttare la capacità di tracciamento della cronologia della tecnologia blockchain per garantire che i metadati rimanessero incorporati al contenuto informativo nei trasferimenti in rete.

I risultati ottenuti hanno rappresentato un punto di partenza provocatorio e incoraggiante. A questo link l’interessante resoconto di Pooja Reddy, Technical Product Manager presso The New York Times

Deep Trust Alliance

La DeepTrust Alliance è la coalizione no profit di stakeholder, fondata da Kathryn Harrison – precedentemente direttore della gestione globale dei prodotti per IBM Blockchain, dove ha contribuito allo sviluppo di Hyperledger Fabric – che promuove la lotta contro la disinformazione digitale e i deepfake, sfruttando un approccio di rete volto alla creazione di standard a presidio dell’autenticità dei contenuti e alla tracciabilità dei trasferimenti dalla fonte all’utente.

Po.et

Poet Technology Limited è la società che sta sviluppando e implementando un sistema decentralizzato basato sulla blockchain Bitcoin come record immutabile che registra i vari contenuti e utilizza gli attuali standard di interoperabilità del settore dei media, per costruire un tipo di esperienza online ispirata ai valori della fiducia, verificabilità e responsabilità. Il controllo sulle notizie viene rimesso nelle mani dell’utente, libero dall’influenza delle società e degli algoritmi “big tech”.

In breve, Po.et, si pone l’ambizioso traguardo della responsabilizzazione dell’industria editoriale attraverso la creazione di un libro mastro immutabile e distribuito “per i lavori creativi che possa fungere da piattaforma per applicazioni multimediali centralizzate e decentralizzate.”

Takamaka

Takamaka, è un progetto sviluppato da Ailia SA, società con sede in Svizzera e guidata da Mario Carlini, che ha sviluppato una propria blockchain, PoS- proof of satke, gratuita, di terza generazione e open source, interamente sviluppata in JAVA (il linguaggio di programmazione sviluppato da Sun Microsystems e rilasciato nel 1995) che, tra le altre cose, ambisce a proteggere il diritto d’autore e a contrastare la diffusione della disinformazione attraverso l’upload di testi, foto, video e altre tipologie di file sulla sua blockchain nativa.

La funzione di upload sarebbe disponibile sul wallet nativo di Takamaka, il portafoglio disponibile sia in versione IOS che Android, con cui gestire i propri token (due: il Green Token-TKG e il Red Token -TKR), utilizzabile sia da computer che da smartphone. L’applicazione di marche temporali sui documenti così come la possibilità di inviare transazioni contenenti messaggi testuali di lunghezza arbitraria vengono ricomprese nelle sue funzionalità. E, a quanto emerge dal sito ufficiale, l’upload potrebbe riguardare anche hash di contenuti digitali custoditi in cloud o privatamente.

Everipedia

È recente la notizia per cui la società Everipedia Europa, con sede in Stoccolma, ha reso nota la propria collaborazione con l’agenzia di stampa The Associated Press (AP) e Chainlink , una rete Oracle decentralizzata.

Everipedia è il progetto, nato nel dicembre 2014 dalle intenzioni di Sam Kazemian e Theodor Forselius con l’obiettivo di creare un’alternativa “migliore” a Wikipedia. Di fatto, una piattaforma, che dal 2018 si basa su un’infrastruttura blockchain di EOS, aperta al contributo degli utenti ovvero crowdsourced e alimentata dalla tecnica nota come gamification. Ogni contributo alla piattaforma – che sia un nuovo articolo o la modifica di uno esistente – consentirà di guadagnare dei punti o meglio criptovalute con una loro quotazione e un loro mercato, chiamati IQ. I punti accumulati concorreranno alla formazione di una speciale graduatoria, sempre visibile sia dall’home page di Everipedia, sia dalle pagine interne. Un’enciclopedia online decentralizzata e sotto il controllo diretto degli autori.

Non è difficile immaginare come la collaborazione con AP possa essere concretamente testata sin da subito nel contesto delle gare elettorali statunitensi dove l’Associated Press ha una lunga esperienza sin dal 1848, sia a livello locale che nazionale.

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Everipedia otterrà le informazioni dei risultati direttamente da una fonte affidabile e poi questi dati verranno salvati sulla blockchain attraverso la tecnologia sicura e performante fornita da Chainlink, famosa proprio per i suoi oracoli decentralizzati. Per l’occasione verrà creato un nuovo oracolo di Everipedia chiamato “OraQle”al quale attribuire l’importante funzione di somministrazione dei dati esterni alla blockchain. Allo stesso modo verrà creato un nodo gestito sia da Chainlink che da Everipedia, che conterrà le informazioni provenienti dall’AP. Queste verranno codificate, firmate crittigraficamente ed elaborate per essere accessibili ad altra blockchain “aderente” a Chainlink.

Non poco.

Cosa si sta facendo in Italia

ANSAcheck

È il progetto lanciato ad aprile, in piena infodemia pandemica, da Ansa, la principale agenzia italiana di informazione, in collaborazione con EY(attraverso il suo Blockchain HUB MED di Roma), per promuovere la tracciatura della news attraverso la tecnologia blockchain, certificando l’origine Ansa delle notizie.

Il bollino “ANSAcheck. Notizia d’origine certificata” che accompagna i contenuti informativi presenti nelle piattaforme Ansa e/o distribuiti da altri canali, se cliccato, grazie a una chiave crittografica identificativa che associa ogni notizia alla blockchain, rintraccia la corrispondenza o meno del contenuto sulla piattaforma pubblica Ethereum. Il risultato è una storia notarizzata di ciascuna news, il cui fulcro è costituito dallo smart contract che consente di creare la stringa crittografata delle notizie, a garanzia della tracciabilità del dato e della trasparenza dell’informazione, e dunque, dell’autenticità delle fonti delle notizie.

La tecnologia alla base del piano di certificazione Ansa è EY OpsChain Traceability caratterizzata da transazioni pubbliche registrate sulla blockchain di Ethereum.

Lo step successivo in programma prevede che EY si adoperi per lo sviluppo di un sistema di tracciabilità in grado di risalire al riconoscimento anche solo di una quota parte dell’articolo originale sul registro blockchain.

Un piano innovativo ben approfondito, con una sana dose di analisi critica, in un video di Marco Crotta, uno dei massimi esperti italiani di blockchain, nonché uno dei più influenti divulgatori con il suo canale youtube “Blockchain Caffè“.

Money

Una logica analoga ad ANSAcheck sembrerebbe aver ispirato una tra le principali testate italiane di news finanziarie ed economiche. Dal 30 settembre la gran parte delle notizie pubblicate su Money vengono notarizzate su blockchain Virgo (piattaforma realizzata in cordata dalle società Luxochain, Temera, PwC e VarGroup) attraverso il “Money Certified – powered by Virgo”. Da quanto emerge, inoltre, tutti i contenuti provenienti da Money.it e registrati su Virgo vengono giornalmente trasferiti in un archivio blockchain pubblico basato sul network Ethereum: ciò per garantire il controllo di autenticità alla “filiera” della notizia; dalla news originaria, alla cronologia delle differenti versioni, ai dati di “hash”.

Lkscoin

Altro progetto interessante, pensato sulle orme del corrispondente americano Civil, è quello promosso da LKS Foundation, in collaborazione con un network di imprese tra Pordenone e Udine, Cam.TV, Bcademy e la svizzera Eidoo, tutte specializzate nella emergente tecnologia blockchain. Il piano prevede la creazione di Lkscoin, una criptovaluta ideata per avere un impatto significativo sul web offrendo la possibilità di tracciare e remunerare, attraverso pagamenti e donazioni, i creatori di contenuti all’interno dei social network.

Attraverso un Token Non Fungibile TNF, Lkscoin “consente agli utenti di avere e dare accesso a qualsiasi tipo di contenuto digitale in qualsiasi piattaforma, mantenendo tutti i copyright dei contenuti e definendo chiaramente la paternità delle varie opere.” L’intento è ancora una volta favorire la creazione di un mercato dei contenuti digitali sempre più responsabile e responsabilizzato.

Il progetto, oggi, sta attraversando la sua fase iniziale – IEO – Initial Exchange Offering – sulla piattaforma di Eidoo Crowd.

È descritto come un baluardo tecnologico a difesa e tutela del diritto d’autore attraverso il perseguimento di tre obiettivi:

  1. creare token non fungibili, denominati NFT che, tramite tecnologia blockchain, consentono di tracciare l’origine dei contenuti digitali, memorizzandone la paternità in modo sicuro e indelebile;
  2. fondare un Campus dedicato allo sviluppo di innovazione tecnologica e sociale;
  3. promuovere l’integrazione di Lkscoin nelle altre piattaforme social, per combattere in maniera estesa il problema della mancata tutela del copyright.

PIC – Protocollo di Informazione Certificata

È il piano ideato dal giornalista del Sole 24 Ore Marco Piccaluga e Lirax.org, che si propone di diffondere “Il bollino di garanzia sugli articoli” – PIC in chiave di valore aggiunto per l’autorevolezza e professionalità dell’autore, salvo ovviamente il limite dell’impossibilità di garantire la verifica della veridicità ab origine dei contenuti.

Questi ultimi, attestati dalla blockchain, caricati sulla piattaforma Lirax.org, permetterebbero tramite uno smartphone dotato di lettura QRCode, di ottenere informazioni relative al nome dell’autore, all’ora e data di caricamento, all’hash code che identifica in maniera univoca la registrazione, e perfino l’IP usato per l’operazione. L’Ordine dei Giornalisti avrebbe invece il compito di contribuire “certificando” la qualifica professionale regolare dell’autore.

Da qui il paradosso, tipico di tutte le soluzioni sino ad ora esaminate, per il quale se il contenuto informativo rappresentasse una fake news, questa resterebbe immutabile per sempre.

È evidente nel caso del giornalismo professionistico il contrasto con l’articolo 2 della legge professionale che impone di “rettificare le notizie che risultino inesatte, e riparare gli eventuali errori”.

Stesse problematiche per l’esercizio dei diritti previsti dalle normative europee in materia di dati personali: dal diritto all’oblio e alla cancellazione di cui all‘art 17 GDPR , alle implicazioni in fatto di portata extra-territoriale tanto delle normative quanto delle tecnologie DLT permissionless in cui la transanazionalità appare una caratteristica piuttosto normale.

Il Parlamento europeo, nella risoluzione del 3 ottobre 2018, ha già riconosciuto in maniera esplicita quanto il diritto all’oblio non sia facilmente applicabile in ottica blockchain.

Interoperability e Deepit: la tokenizzazione delle notizie

Interoperability è la start up guidata da Fabrizio Fantini che si occupa di interoperabilità tra architetture blockchain per lo sviluppo di applicazioni tecnologiche decentralizzate. Con la società svizzera Deepit hanno messo a punto una proof of concept per affrontare la questione della disinformazione. Il sistema si basa su architetture blockchain attraverso la piattaforma DeeCert e si sviluppa attraverso due passaggi chiave: da un lato le news vengono registrate all’interno di token non fungibili (le informazioni vengono inviate a un network di storage decentralizzato e processati da un algoritmo che restituisce un hash unico inserito nel token medesimo); dall’altro i comportamenti virtuosi dei vari attori vengono incentivati attraverso una piattaforma di gamification. Una logica dunque analoga a quella alla base di Lkscoin.

CreativitySafe

CreativitySafe è il nome della società milanese che dal 2019 si propone di proteggere il diritto di autore servendosi della blockchain.

È sufficiente registrarsi sul loro sito, scegliere l’opzione (upload singolo o pacchetto) ed effettuare il caricamento del file che si desidera tutelare. Questo viene criptato e la stringa di numeri generata registrata sulla blockchain dei bitcoin.

Non è però solo una soluzione tecnologica basata sui registri distribuiti, quanto un ecositema di strumenti di tutela e servizi – dalla registrazione delle idee più rilevanti, alla preparazione in tempo utile di un dossier-prova d’autore, fino alla tutela legale – che consentano ai freelance e ai piccoli operatori di farsi valere cominciando dal rispetto degli specifici diritti loro spettanti.

DeepHound e Artificial Intelligence Analyst

Recentemente Deephound, la tech company italo-inglese fondata nel 2018 da tre ragazzi romani, Alessia Gianaroli, Rosbeh Zakikhani e Marco Menichelli, ha lanciato Artificial Intelligence Analyst, una soluzione digitale basata su applicazioni di intelligenza artificiale che supporta l’analista umano specializzato in business intelligence.

Un percorso che, dall’idea originaria di un laboratorio di analisi sulle fake news, ha portato Deephound a riqualificarsi come fornitore di tecnologia nel settore ben più remunerativo della business intelligence.

“Ben presto ci siamo accorti che il mercato non era ancora pronto per considerare il fact-checking come servizio e ad acquistarlo in quanto tale, quindi abbiamo deciso di spostarci sulla business intelligence”, spiega Rosbeh Zakikhani, uno dei tre fondatori.

Artificial Intelligence Analyst -ArIA è una piattaforma di AI che unisce l’Open Source Intelligence (la capacità di analizzare fonti e verificare informazioni a partire dalle risorse disponibili legalmente al pubblico), al Deep Insight (le procedure intuitive proprie delle scelte umane), in una sorta di sinergia virtuosa tra verifica e certificazione dell’autorevolezza delle fonti da una parte e processi di analisi dell’autenticità e bontà delle informazione dall’atra. Due sono i servizi chiave offerti ai propri clienti: il Certificato Trust & Safe e il Fast Screening.

Una metodologia operativa questa di DeepHound che richiama prepotentemente le potenzialità legate al binomio virtuoso tra AI e blockchain applicato alla disinformazione.

La sinergia tra AI e blockchain

La blockchain fornisce uno spettro di caratteristiche sintattiche e semantiche come provenienza, immutabilità, verificabilità e integrità dei dati in grado di restituire record altrettanto sicuri e trasparenti sotto forma di blocchi di transazioni collegati a un hash crittografico archiviato in un registro pubblico distribuito, decentralizzato.

Tutti aspetti che rendono la tecnologia blockchain una scelta, per molti, desiderabile in chiave di sicurezza e contenimento della diffusione di contenuti informativi non autentici.

Tuttavia, l’utilizzo della stessa non è sufficiente a prevenire la diffusione di notizie ab origine false o fuorvianti.

Il rilevamento dei contenuti fake può essere perseguito attraverso metodi classici e l’intervento umano ma anche tramite speciali algoritmi di intelligenza artificiale, come i modelli di deep learning intelligente, volti a rafforzare l’accuratezza dell’identificazione delle notizie basate su osservazioni e fatti storici.

I casi d’uso sono ancora molti limitati e i risultati potenziali difficilmente valutabili. Molti ricercatori stanno presentando studi e modelli sperimentali estremamente interessanti che combinano i vantaggi della blockchain con sistemi di intelligente artificiale decentralizzata e collaborativa che meritano senza dubbio la migliore attenzione.

Ma non è tutto.

L’intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi utile in termini di potenza di calcolo e fabbisogno energetico richiesti dalle attività di mining. Altrettanto potrebbe ottimizzare le esigenze di archiviazione della cronologia delle transazioni richieste dalla blockchain.

Allo stesso modo, quest’ultima, potrebbe favorire il miglioramento delle tecniche di machine learning favorendo scambi e archiviazioni di dati, di qualità, veloci e sicure. Oltre a rendere maggiormente trasparente e dunque responsabile il processo di decisione automatico.

Conclusioni

I progetti e le applicazioni pratiche sinora prospettate si rivelano intriganti quanto allettanti in chiave di correttivi al fenomeno della disinformazione.

Ciascuna di esse rivela aspetti apprezzabili di efficacia e efficienza in termini di tutela della paternità e dei diritti d’autore dei contenuti informativi come della provenienza degli stessi, legandoli in maniera immutabile e tracciabile grazie ai meccanismi alla base del funzionamento della blockchain.

In Europa il Parlamento Europeo, attraverso la Risoluzione del 3 ottobre 2018 sulle tecnologie di registro distribuito e blockchain non ha mancato di evidenziare come la disintermediazione applicata ai contenuti digitali abbia contribuito a rafforzare la fiducia e la trasparenza consentendo di tracciare e gestire la proprietà intellettuale e facilitando la protezione dei diritti d’autore e dei brevetti. E in Italia, il Parlamento, attraverso l’articolo 8-ter del Decreto Semplificazioni, si è pronunciato sul tema equiparando “la memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti alla validazione temporale elettronica di cui all’articolo 41 del regolamento (UE) n.910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014”, ovvero alla firma elettronica.

Sicuramente interessanti si presentano, inoltre, i risvolti in termini di responsabilizzazione della filiera degli owners del contenuto, moderazione decentralizzata dei contenuti e sistemi di verità incentivata attraverso meccanismi di gamification e remunerazione.

Rimane però evidentemente irrisolta la questione cruciale della correttezza e della veridicità delle informazioni. A fronte della garanzia dell’esistenza di un’informazione permane l’incertezza sulla verità della stessa. Il risultato offerto dalla blockchain è una chiara distinzione tra contenuti verificati e non, piuttosto che tra contenuti veri e falsi.

L’uso di smart contracts abilitati da oracoli e implementati in ottica di AI e IoT, in tal senso, potrebbe rivelarsi particolarmente stimolante benché ancora in fase embrionale.

E dunque, ben vengano quelle innovazioni tecnologiche che si rivelino però all’altezza del rapporto tra lotta alla disinformazione e tutela del pluralismo informativo e della libertà di espressione (di cui la libertà di informazione ne è un’ulteriore estensione), sanciti dall’articolo 21 della Costituzione italiana e dall’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, oltre che a livello internazionale dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo e dall’art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti umani.

Una sfida complessa ma ineludibile che coinvolge tutti, e in primis le istituzioni pubbliche.

Fondamentale si rivelerà il potenziamento e l’affinamento dei quadri regolatori e la valorizzazione tanto del giornalismo professionistico e dei suoi standard qualitativi, quanto della capacità di pensiero critico degli individui attraverso l’incentivo rivolto al recupero della sana abitudine all’approfondimento e la promozione dell’alfabetizzazione digitale.

Poiché è evidente quanto i fattori psicologici degli individui siano una componente determinante dei processi di propagazione della disinformazione, in particolare di quella digitale.

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