Grottola, DNV GL: per competitività e sostenibilità serve il “Trust” della blockchain

Siamo davanti a prospettive di sviluppo in cui il tema della fiducia appare sempre più fondamentale, ci sono nuove opportunità per la blockchain e gli ecosistemi sono chiamati a svolgere un ruolo di crescente importanza. Questi e altri temi nel confronto con Renato Grottola, SVP, Global Director Digital Assurance and Supply Chain DNV GL  

Pubblicato il 21 Gen 2021

Renato Grottola, Global Director of Digital Assurance and Supply Chain in DNV GL Business Assurance
Renato Grottola, Global Director of Digital Assurance and Supply Chain in DNV GL Business Assurance
Renato Grottola, Global Director of Digital Assurance and Supply Chain in DNV GL Business Assurance

Per chi opera da tempo nello sviluppo di progetti blockchain questo momento appare particolarmente importante. L’Hype, come ci dice il titolo stesso dell’Osservatorio Blockchain & DLT del Politecnico di Milano (per maggiori informazioni e per iscriversi), è superato e pragmaticamente è il momento di “passare all’azione” soprattutto per quanto attiene al ruolo e allo sviluppo degli ecosistemi. E proprio per capire queste prospettive a livello di ecosistemi, Blockchain4Innovation ha pensato di confrontarsi con chi su queste tematiche è impegnato da tempo e vive “dal di dentro” molti progetti in molti e diversi ambiti. Da qui l’idea di un confronto con Renato Grottola, SVP, Global Director Digital Assurance and Supply Chain DNV GL che vi proponiamo.

 

Iniziamo dal tema degli ecosistemi, come leggete questa evoluzione e come la state interpretando?

Abbiamo a che fare con gli ecosistemi ormai da tempo; una filiera di produzione, per esempio, è un ecosistema. Ecosistemi particolari, diversi rispetto a quelli a cui siamo abituati a pensare oggi, perché basati su strutture tipicamente lineari che vedono l’intervento di attori che operano in modo coordinato, trasformando il prodotto nelle sue diverse fasi.

Grazie all’avvento dell’innovazione tecnologica, all’evoluzione delle esigenze dei consumatori e all’incidenza che i consumatori hanno sulle scelte di prodotto, questi ecosistemi lineari stanno vivendo una fase di grande cambiamento, passando da essere delle perfette catene a sistemi più complessi in cui le relazioni – che prima erano stabili e ben identificate – diventano di tipo peer-to-peer. Questo comporta un aumento della complessità di gestione e, di conseguenza, anche un aumento del rischio. Per esempio, gli attori primari della filiera – che hanno magari la responsabilità di portare un prodotto sullo scaffale -, dovranno gestire in maniera differente i processi di controllo legati alla sicurezza del prodotto, all’autenticità o all’origine. Ed è qui che viene in soccorso la tecnologia.

Possiamo dire che c’è un cambiamento nel ruolo degli ecosistemi e c’è un cambiamento anche degli stessi ecosistemi?

Sì. Se da una parte la tecnologia ha accorciato le distanze, dando modo ai consumatori di acquistare in modalità multicanale e dando loro un ruolo sempre più attivo nelle scelte di consumo, dall’altra parte la stessa tecnologia ha impattato la struttura delle filiere e non solo. Ha cambiato i modelli produttivi e i modelli di progettazione dei prodotti (basti pensare all’uso della stampa 3D e al passaggio dalla progettazione alla produzione saltando tanti passaggi legati alla logistica e ponendo nuove esigenze di controllo e di gestione sul prodotto). Nel concreto questo si traduce in una trasformazione da ecosistema lineare a ecosistema di rete, con la logica di soggetti interconnessi che hanno relazioni più frequenti e bisogni diversi e crescenti di fiducia. Cambiamenti che sono maggiormente evidenti e più veloci in quei settori in cui il consumatore ha storicamente un ruolo più attivo, come l’agroalimentare, i servizi e il fashion.

 

Restiamo sul tema della fiducia come presupposto del ruolo e dello sviluppo della blockchain

Questo è un punto fondamentale. Ogni relazione è una transazione e il presupposto fondamentale per una transazione di qualunque contenuto tra due soggetti è che, per instaurarsi, ha bisogno della fiducia. Da questo punto di vista, la nascita di questi ecosistemi ha comportato la nascita di nuovi bisogni in termini di fiducia e di nuove modalità per rispondere a questa domanda.

La fiducia però, ha un costo. Perché una transazione economica possa realizzarsi, infatti, deve essere vantaggiosa per entrambe le parti.

Alcune tipologie di transazione, però, non sempre sono economicamente vantaggiose. Anche in questo caso è la tecnologia ad aiutare perché è in grado, in moltissime situazioni, di abbassare questo costo rendendolo sostenibile e consentendo scambi di valore che prima non erano possibili. La blockchain, e altre tecnologie, giocano un ruolo fondamentale perché permettono di rendere sostenibile il costo della fiducia, consentendo scambi di valore economicamente vantaggiosi, a parità di garanzia.

Ma serve anche un nuovo rapporto tra mondo digitale e mondo fisico?

Diciamo che serve una nuova prospettiva. È chiaro che qualunque transazione presenta dei rischi. Nel mondo fisico la tecnologia blockchain da sola non è in grado di portare fiducia al 100% come già invece accade nel mondo digitale. Occorre costruire le condizioni per un rapporto nuovo, un punto di contatto tra mondo digitale e mondo fisico in grado di garantire un maggior livello di fiducia. Provo a spiegarmi meglio.

Rimaniamo nel digitale e pensiamo al caso principe di applicazione d’uso della blockchain, il bitcoin. In una transazione economica di bitcoin tra due soggetti, la blockchain da sola può dare la massima fiducia possibile perché è in grado di garantire le tre condizioni fondamentali perché una transazione sia considerata valida: conoscere chi effettua il pagamento; conoscere chi l’ha ricevuto e quando è avvenuta la transazione (time stamping). A questo si aggiunge anche la certezza che, in qualunque momento, nessuno possa usare due volte quella forma di valore (double spending). Questo in un mondo puramente digitale.

Nel mondo fisico le cose sono più complesse perché ci sono informazioni che non sono “native digitali”, si pensi per esempio alle informazioni sulla tipologia o sull’origine di un prodotto; informazioni che devono passare dal “reale” al “digitale” attraverso l’inserimento in un sistema, in uno spazio digitale, senza perdere la garanzia di correttezza e veridicità. Perché questo accada è necessario che ci siano soggetti digitali o anche umani che mettano in gioco la propria reputazione e professionalità e diano ulteriori forme di garanzia, portando al massimo livello la fiducia anche per quelle informazioni che arrivano dal mondo reale.

In questo scenario la blockchain si inserisce abbassando il costo della fiducia – perché può rendere più economiche attività di controllo prima svolte a costi molto più alti – oppure dando, a parità di prezzo, maggiori garanzie.

In quali progetti siete impegnati e su quali ambiti?

Il primo ambito riguarda le filiere classiche. Le prime applicazioni, infatti, sono state sviluppate sulle catene di fornitura. La blockchain è per noi un nuovo strumento che ci permette di garantire  fiducia tra le parti interessate, non a caso una delle prime applicazioni arriva dal mondo del vino -con My StoryTM – per rafforzare il valore dell’origine e associarlo ad altre caratteristiche e informazioni egualmente importanti (un altro esempio lo troviamo nella filiera dell’olio). Il caso del vino è emblematico, le persone lo acquistano per vivere un’esperienza e la storia del prodotto è essa stessa parte di questa esperienza; la nostra soluzione garantisce e allo stesso tempo rassicura il consumatore rispetto alla veridicità di questa storia, certificando che le informazioni contenute siano vere e non siano semplicemente una narrazione utile ai fini della comunicazione.

Ma per noi non è solo questo, si tratta di riuscire a rendere più “democratico” il concetto di fiducia. Andando un po’ oltre rispetto ai classici strumenti tecnici come le certificazioni – certamente importanti per costruire il rapporto la fiducia tra imprese. Per noi significa portare il consumatore ad avvicinarsi a determinate tematiche attraverso un racconto certificato, verificato e allo stesso tempo comprensibile perché scritto in un linguaggio non tecnico. Si tratta di un passaggio importante che ci permette di mettere il consumatore ulteriormente al centro dell’ecosistema.

Possiamo vedere anche un altro scenario?

Un secondo caso è quello della filiera del pomodoro. Si tratta di una filiera che vede il coinvolgimento di tanti attori, a partire dai produttori che devono conferire il prodotto alle aziende di trasformazione. L’applicazione di un ecosistema su base blockchain in questo mondo è importante perché, per esempio, permette di tracciare il prodotto dando garanzie sulla provenienza e sull’applicazione di determinati disciplinari. Quando ci sono in gioco una molteplicità di attori, infatti, servono garanzie che aiutino a ridurre il rischio che avvengano conferimenti di prodotto da aree diverse rispetto a quelle previste da un determinato disciplinare, un controllo fatto in maniera tradizionale avrebbe un costo molto elevato.

L’utilizzo della blockchain permette non solo di tracciare le informazioni, ma consente di trasferire valore a soggetti che appartengono a un ecosistema sulla base di comportamenti specifici. In altri scenari le piattaforme blockchain sono in grado di garantire la tokenizzazione di specifici asset di valore. Un caso d’uso molto significativo è stato realizzato in Cina con il coinvolgimento di un produttore di auto elettriche e di una catena di prodotti di alta gamma. In pratica, chi utilizza un’auto elettrica per gli spostamenti, viene connesso alla rete che attiva un algoritmo (uno smart contract) che calcola quanto l’individuo è riuscito a risparmiare in termini di CO2. L’anidride carbonica risparmiata viene quantificata e trasformata in token che possono essere successivamente spesi per acquistare prodotti presso un retailer che ha deciso di aderire al nostro ecosistema. La blockchain garantisce che tutto il processo di conversione in token sia sicuro e non alterabile e noi di DNV GL verifichiamo l’algoritmo. Innovazioni di questo tipo consentono di incentivare il consumo responsabile e promuovere l’adozione di buone pratiche in un’ottica win-win per consumatori e aziende. Se fino ad oggi è stato difficile convertire in “moneta” un comportamento virtuoso, con la blockchain questo processo può essere attuato in modo affidabile e sicuro.

Sostenibilità e innovazione digitale sono due temi centrali per lo sviluppo e sono tra l’altro di grande attualità anche nel NextGenerationEU. Che ruolo può svolgere a vostro avviso la blockchain per favorire queste progettualità?

Il rapporto tra blockchain e sostenibilità (e tutto quello che le ruota intorno) è veramente molto importante e, come già abbiamo visto, è avviato da tempo. La blockchain sta contribuendo alla sperimentazione e allo sviluppo di nuovi modelli di business basati sulle logiche dell’economia circolare (fornendo ulteriori strumenti per preparare forme di sviluppo capaci di unire sostenibilità e sviluppo economico nella prospettiva aperta dall’ESG n.d.r.). Se oggi abbiamo la necessità di tracciare che un prodotto acquistato su un eCommerce arrivi a casa, domani dovremo essere sicuri che il prodotto, una volta terminato il suo ciclo di vita, torni al punto di partenza e che quindi, materiali ed energia connessi a quel prodotto possano “tornare in circolazione” e non vengano sprecati. In questo senso la blockchain può svolgere il ruolo di garante, non solo perché è in grado di congelare le informazioni rendendole immutabili, ma anche perché assicura che le transazioni tra gli attori avvengano in un regime di fiducia.

Proviamo anche qui a fare qualche esempio?

Se si punta a incentivare il riciclo di alluminio è necessario introdurre più strumenti. La riduzione del consumo di materia deve essere perseguita creando delle motivazioni, degli incentivi, favorendo lo sviluppo di un interesse – anche economico – in ottica di ecosistema. In concreto, se sono in grado di produrre una nuova lattina riutilizzando materia, devo avere un costo di produzione molto più basso rispetto alla stessa unità di prodotto realizzata utilizzando nuova materia.

Perché questo sia possibile è necessario che le lattine vengano “rimesse in circolo” con la massima efficienza, in modo che il bilancio complessivo dell’impronta ambientale del prodotto, unitamente al costo dell’operazione, sia comunque inferiore a quello generato da una produzione ex novo. Occorre poi fare in modo che una parte di questo nuovo valore economico (che prima non esisteva) sia distribuito (a livello di ecosistema) tra coloro che devono contribuire al raggiungimento di questo obiettivo.

È necessario quindi un forte coinvolgimento, anche da parte dei consumatori finali che utilizzano il prodotto – è importante che siano consapevoli del valore potenziale che quel prodotto ha nel momento in cui arriva a fine vita e che abbiano ben chiare le azioni necessarie perché questo valore possa concretizzarsi. Non ultimo e non meno importante, occorre dare contezza dei benefici sociali e personali che queste buone pratiche possono generare. Concretamente significa lavorare in ottica di ecosistema sul valore di ogni singola lattina, nella gestione del cosiddetto vuoto a perdere e nel recupero del suo valore, coordinando l’interesse del consumatore, di chi produce la lattina e del produttore del bene veicolato tramite la lattina.

È necessario attuare processi di “logistica inversa” e, per ottenere questo obiettivo, è fondamentale trovare forme di incentivazione del consumatore finale inserendo un valore economico premiante nel sistema, in modo che questo asset di valore arrivi effettivamente a chi “ha in mano la lattina” – un valore che, per poter essere apprezzato deve poter essere monetizzato e poi speso sul mercato. Credo che solo in questo modo si riesca ad avere una forte motivazione strutturale e continuativa affinché, continuando con l’esempio di prima, ogni singola lattina arrivi a essere depositata in uno smart box destinato al recupero e prosegua nel percorso circolare portandola poi a generare una nuova unità di prodotto in modo vantaggioso per tutti.

Ma nello specifico che ruolo può essere effettivamente svolto dalla blockchain?

La blockchain ha un ruolo fondamentale. Come abbiamo già detto, in questi nuovi paradigmi i soggetti che interagiscono ora sono più numerosi, c’è la necessità di fornire garanzie a tutti – a partire dal produttore che “mette in moto” il processo. La blockchain, unitamente ad altre tecnologie come IoT, Big data e 5G, svolge un ruolo fondamentale per abilitare questi modelli di business e rendere la fiducia accettabile e sostenibile economicamente.

L’orientamento alla sostenibilità ha bisogno di trasparenza soprattutto in direzione dei consumatori finali e questo richiede un uso sempre più attento delle tecnologie – l’uso consapevole di questi strumenti, infatti, è parte integrante di questo percorso di cambiamento. In un mondo oggettivamente più complesso la trasparenza che queste tecnologie sono in grado di portare è un valore perché forniscono informazioni veritiere. Non si tratta di quantità di informazioni a disposizione perchè a volte l’eccesso di trasparenza può avere lo stesso ruolo negativo di una mancanza totale di trasparenza.

Che prospettive vedete nello sviluppo della blockchain nel 2021?

Come DNV GL operiamo cercando applicazioni di questa tecnologia unita ad altre, per esempio nel comparto delle filiere o degli ecosistemi che promuovono comportamenti orientati alla sostenibilità. Esistono ovviamente dei limiti tecnologici allo sviluppo di queste soluzioni, ma il vero limite oggi è l’assenza di una regolamentazione chiara e – per contro – la presenza di una moltitudine di interpretazioni. Questa assenza di chiarezza comporta incertezza e l’incertezza è il killer dell’innovazione.

Il fatto che oggi molte istituzioni si stiano muovendo con documenti di interpretazioni o prime regolamentazioni sulle crypto fa ben sperare. Ad esempio, il tavolo di lavoro della Repubblica di San Marino di cui faccio parte, sta lavorando attivamente per creare le condizioni regolamentatorie che rappresentino una leva di sviluppo anche per la competitività di un sistema paese. Il 2020, tra l’altro, è stato un anno in cui alcuni sviluppi nell’ambito delle filiere hanno subito un rallentamento, il lockdown purtroppo ha penalizzato alcuni progetti. Dal nostro punto di vista stiamo vedendo però una graduale ripresa del percorso di innovazione da parte delle aziende.

Ci sono poi tematiche trasversali alle piccole, alle medie e alle grandi imprese e ci sono iniziative connesse allo sviluppo di specifiche criptovalute che possono generare anche eccessi di fiducia e occorre prestare attenzione ai rischi di bolle di natura speculativa. La DeFi (Finanza decentralizzata) sul piano delle criptovalute ha certamente generato molto hype, ma per valutare queste prospettive è importante distinguere tra livello industriale e livello finanziario.

Uno dei temi chiave, che sottende a tanti e diversi ambiti è rappresentato dall’Identità digitale. Come vedete questa prospettiva?

Il tema dell’identità digitale è determinante per tante ragioni. Dobbiamo pensare che i modelli basati su blockchain siano per natura decentralizzati e vanno quindi conciliati con gli ordinamenti giuridici, nati e cresciuti invece sulla base di “principi centralizzati”. Spesso anche le normative più tecnologiche vengono definite technology neutral, in realtà si tratta di soluzioni che sono pensate e nate “avendo in mente” o con il condizionamento di modelli preesistenti, tipicamente di tipo centralizzato. L’interpretazione di queste normative alla luce di tecnologie, come la blockchain, basate su presupposti completamente diversi risulta ovviamente ancora difficile.

Concludiamo ancora con un esempio?

Certo. Pensiamo per esempio alle filiere produttive, contesti in cui chi crea e gestisce questi ecosistemi dispone di un grande potere, determinato dal controllo dei dati di chi partecipa alle filiere. Un potere che genera un vantaggio competitivo che può portare alla creazione di posizioni dominanti.

Nel momento in cui, grazie alla blockchain, il controllo dei dati viene distribuito sulla base di principi di democratizzazione e di trasparenza, ecco che lo scenario può cambiare in modo significativo. Ma è uno scenario che va preparato anche nel senso di una diversa considerazione del valore e della sua distribuzione.

Renato Grottola porterà la propria testimonianza al prossimo Osservatorio Blockchain & DLT.

QUI troverai ulteriori dettagli sul convegno e potrai effettuare l’iscrizione

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 5