Criptofinanza, il fisco chiede più trasparenza. E gli operatori accettano la sfida

L’atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale 2021-2023 delega all’Agenzia delle entrate di tracciare i flussi delle transazioni e identificare i fenomeni di evasione. Marco Mottana, ceo di Cfx: “Il tracciamento globale è già in atto, ma non c’è ancora il trasferimento alla parte fiscale”

Pubblicato il 30 Set 2021

Marco Mottana

Nell’ “Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2021-2023”, emanato dal ministero dell’Economia e delle Finanze e Firmato dal ministro Daniele Franco il 15 luglio 2021, c’è un passaggio dedicato alla finanza decentralizzata e alle criptovalute.

Ci troviamo al punto 12 della parte dell’allegato A che si rivolge all’Agenzia delle entrate, e che demanda a quest’ultima, tra le altre cose il compito di “identificare, mutuando anche l’esperienza dei Paesi Ocse e dell’Unione Europea, nuovi fenomeni di evasione legati all’economia digitale, con particolare riferimento allo sviluppo dei crypto asset”, e di “individuare soluzioni che consentano all’Amministrazione finanziaria di conoscere i ‘flussi’ dei dati delle transazioni poste in essere attraverso l’intermediazione delle piattaforme di exchange di criptovalute”.

La pandemia causata dal Covid-19, oltre a comportare gravi conseguenze sociali, ha determinato la più severa contrazione dell’attività economica registrata dal dopoguerra”, si legge nel documento, che puntualizza come la possibilità di ripresa dell’economia sia condizionata “dalla puntuale attuazione delle numerose misure di natura fiscale ed economica adottate dal Governo, in coerenza con le recenti decisioni dell’Unione Europea che prefigurano il mantenimento di un indirizzo di politica fiscale espansiva anche nel 2021”. “Lo scenario programmatico in cui si collocano gli orientamenti di politica fiscale per il prossimo triennio sarà, quindi – puntualizza il documento – caratterizzato dall’attuazione del Pnrr che si sviluppa lungo sei missioni (digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute) e comprende un ambizioso progetto di riforme (pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza), tra cui anche quella fiscale”.

Ma quali sono state le reazioni del mondo della finanza decentralizzata, o “criptofinanza”, all’invito del Ministero dell’Economia e delle Finanze mettere sotto la lente di ingrandimento gli investimenti in Bitcoin e nelle altre criptovalute? La proposta, in generale, ha raccolto un sostanziale consenso, come dimostra il commento di Alessandro Toschi, consigliere nazionale di Italia4blockchain, associazione italiana per la conoscenza della blockchain e Ceo di Am Advisor, società attiva nella consulenza in ambito FinTech e Corporate Finance: “Non è una novità che il settore della criptofinanza sia immaginato dal pubblico come un settore non trasparente nonché un potenziale serbatoio di evasione fiscale – afferma – Da parte nostra condividiamo l’attenzione del Ministero dell’Economia e delle Finanze e la riteniamo fondamentale nell’ottica di infondere una sempre maggiore trasparenza, che coinvolga anche, e soprattutto, aspetti legati alla ‘normale fiscalità’”.

Sulla stessa scia il commento di Marco Mottana (nella foto), Ceo di Cfx, società finanziaria inglese entrata di recente nel mercato italiano: “Già oggi tutto è tracciato, non solo i portafogli blockchain ma anche i nominativi collegati ai portafogli – spiega Mottana –  In tutto il mondo, con l’eccezione dei paesi offshore, gli exchange controllano i nominativi di chi apre un conto con la procedura Kyc, acronimo di know your customer (conosci il tuo cliente), un obbligo di legge per tutti gli agenti finanziari, non solo nel settore criptovalute. Di fatto sta già avvenendo un tracciamento globale degli investimenti in cripto, soltanto non è ancora stato trasferito alla parte fiscale. Nel senso che in questo momento la fiscalità delle criptovalute è già stata definita però non viene tracciata o è molto difficile da tracciare da parte del regolatore italiano”.

“Rimane la problematica – aggiunge Mottana – per gli investimenti all’estero: oggi è possibile per un italiano investire in Forex e anche in altri strumenti con intermediari esteri e chiaramente un broker estero non è tenuto ad effettuare ritenute fiscali, ma resta il fatto che ogni cliente deve attestare nella dichiarazione dei redditi i risultati ottenuti.  È vero che la blockchain, sottraendosi all’intermediazione istituzionale, per sua natura rimane sconosciuta, ma per arrivare ad incassare le somme investite in valute tradizionali, cosidette fiat, i passaggi sono sempre obbligati e quindi si deve comunque passare da una banca per riottenere nel proprio portafoglio il denaro.  In definitiva la probabilità di una potenziale omissione di tasse dal punto di vista dell’investitore privato è molto improbabile e poco significativa. Anzi, specificherei ‘piccolo investitore privato’, visto che invece le grandi case internazionali riescono a sfuggire alla maglia, potendo trasferire a loro piacimento anche cifre di rilevanti dimensioni”.

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