Osservatorio Blockchain 2019: progetti in crescita del 76%, Italia a quota 150

Arrivano a 579 i progetti censiti: finance, government, logistica, agrifood e media i settori più interessati; payment, document management, tracking e identity management i processi più coinvolti

Pubblicato il 07 Apr 2019

Osservatorio Blockchain 2019

Il cripto winter tanto temuto qualche mese fa non ha raffreddato l’attenzione e l’azione della comunità blockchain. Il mondo dell’Internet of Value non si è fatto intimidire dalle conseguenze della volatilità delle criptocurrency, ma al contrario, come vedremo, ha reagito, mettendosi all’opera per trovare soluzioni concrete e convincenti. Più che di un “inverno cripto” al convegno di presentazione della ricerca dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger si sentito il calore e la “voglia di fare” di una primavera blockchain. Tanti sono stati i segnali positivi di un mondo che cresce, anche se ancora non decolla, di comunità  carica di risposte positive, ma che nella fotografia degli atteggiamenti delle imprese italiane vede ancora prevalere la famiglia dei “titubanti” a dispetto di entusiasti, pragmatici e visionari che restano in minoranza.

In concreto c’è tanto lavoro da fare e, come sottolinea Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano, c’è anche tanto lavoro che imprese, organizzazioni e istituzioni stanno già facendo per creare le condizioni adatte allo sviluppo vero della blockchain.

L’urgenza di un quadro normativo adeguato alla blockchain

Su tutto questo quadro di aziende e organizzazioni impegnate nell’azione emerge l’urgenza di un quadro normativo adeguato, all’interno del quale le imprese possano far partire progetti senza correre il rischio di trovarsi in un territorio deregolamentato che mette in pericolo investimenti e risultati. Se si può sintetizzare il sentiment degli operatori che sulla blockchain stanno investendo, c’è bisogno di regole, ma non troppe, servono standard, ma solo se assolutamente e ampiamente condivisi, servono poi investimenti, ma con un piano che permetta di creare degli ambiti di eccellenza, che consentano all’Italia di conquistare e consolidare una sua posizione sui mercati mondiali.

A ben guardare è certamente vero che c’è molto da fare, ma dal convegno L’Universo dell’Internet of Value, tra le galassie della blockchain dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger esce un mercato che ci crede, che va nella direzione giusta (come sottolinea Valeria Portale: l’obiettivo è creare e condividere conoscenza) e che come invita Francesco Bruschi, Direttore dell’Osservatorio “C’è una comunità blockchain consapevole dei problemi e attivissima nel cercare di risolverli” O ancora, come si domanda Paolo Tasca, Executive Director, UCL Centre for Blockchain Technologies: “c’è vita oltre il mondo crypto? Si, – è la risposta – con tante prospettive in tanti settori”.

Blockchain: 328 annunci e PoC nel 2018

Dai numeri della ricerca dell’Osservatorio esce la carta di identità di una blockchain che è ancora prevalentemente sperimentale. I progetti censiti nella ricerca per il periodo 2016-2018 arrivano a quota 579 comprendendo appunto sperimentazioni e annunci. Ma c’è subito da osservare che solo nel 2018 se ne sono contati 328. In Italia sommando anche le attività legate a formazione e consulenza i progetti sono arrivati a quota 150. In valore i progetti generano ancora volumi ridotti e sempre nel 2018 hanno raggiunto, nel nostro paese, 15 milioni di euro. I numeri sono ancora limitati ma la dinamica è molto positiva. I progetti sono aumentati del 76% rispetto al 2017.

Finance, Government, Logistica, Agrifood

L’inverno sta dunque passando e così quell’immagine del cripto winter che era scesa sulla blockchain sul finire del 2018 e che aveva fatto pensare a una blockchain fiacca, rassegnata all’immagine di subalternità al mondo cripto. Una associazione che l’aveva portata sulle copertine delle maggiori testate e che con la discesa delle criptocurrency, rischiava di spegnere entusiasmi e opportunità. Ma così non è stato.

Cripto a parte (ma non più di tanto, come vedremo) la blockchain convince il mondo finance che continua a primeggiare tra i mercati più attenti allo sviluppo (con il 48% dei progetti), segue il Government che conserva la seconda posizione nella “classifica dei progetti” con il 10%. La logistica con l’8% dei progetti mostra di essere un settore attento alla blockchain. Un’attenzione particolare va alla blockchain per l’agrifood un ambito, come ben noto particolarmente importante per il nostro paese e non a caso, Marco Bellezza, Consigliere giuridico per le comunicazioni e l’innovazione digitale del Ministro dello Sviluppo Economico nel suo intervento al convegno ha evidenziato come uno degli obiettivi del team blockchain istituito dal MISE sia proprio quello di favorire lo sviluppo di progetti blockchain dedicati alla certificazione delle filiere e della filiera agroalimentare in particolare per proteggere e valorizzare il Made in Italy.

In quali processi si sceglie la blockchain? payment, document management, tracking

Dove viene utilizzata la blockchain? Per quali processi aziende e organizzazioni scelgono di utilizzare i “registri distribuiti”? In questa mappa si sente il peso del mondo finance che la blockchain la sperimenta e la utilizza da tempo,  soprattutto per la gestione dei pagamenti, come piattaforma per le transazioni interbancarie; sul secondo ambito di applicazione, la gestione documentale, si entra nel campo d’azione della logistica e dei trasporti, che dal document management blockchain e degli smart contract si aspetta efficienza, riduzione degli errori e un contributo per un diverso approccio al Risk management. Anche sul terzo “processo”, ovvero sul tracking possiamo immaginare di vedere l’ombra di un settore, l’agrifood e più in generale il Made in Italy che alla blockchain chiede supporto per proteggere il valore delle eccellenze. Capital market, Identity management e supply chain finance sono gli altri tre ambiti dove le imprese guardano con interesse alla blockchain.

Blockchain tra pubblico e privato

Tra pubbliche e private, permissionless e permissioned le imprese scelgono in larghissima maggioranza la possibilità poter gestire dei “permessi”. Le imprese e le organizzazioni che hanno accettato di scendere nel dettaglio delle loro scelte, vale a dire 448 casi su 579 hanno mostrato che la quota di progetti avviati sul mondo permissioned è del 90% mentre le public blockchain si fermano al restante 10%. Non tutti rivelano le loro scelte in termini di piattaforme e da chi lo fa (318 casi su 448)  emerge che Hyperledger è la più utilizzata nel 24% dei casi, Ethereum rappresenta il 15%, Corda l’11%, Ripple e Bitcoin il 7%.

Crescono gli ambiti di applicazione, ma cresce soprattutto la capacità di individuare dove serve la blockchain

Una comunità attiva nell’affrontare i problemi

La comunità degli sviluppatori blockchain è quanto mai viva e, come sottolinea Francesco Bruschi, ha ben chiari i problemi  principali e le modalità per risolverli. In particolare Bruschi si sofferma su quelle che emergono come le problematiche principali che ostacolano lo sviluppo di progetti blockchain:

  • Volatilità
  • Scalabilità
  • User Experience

Una soluzione per la volatilità: gli StableCoin

“Su questi tre grandi temi l’Internet of Value ha visto arrivare molte soluzioni concrete, magari da testare sul campo e da migliorare, ma che permettono di agire per cambiare l’atteggiamento degli utenti”. Sulla volatilità, principale responsabile delle paure e degli equivoci che stabiliscono una correlazione tra valori delle criptocurrency e valori della blockchain la comunità ha identificato diverse soluzioni che arrivano anche nel segno di una matutirtà interdisciplinare che unisce sviluppo tecnologico, competenze economico finanziarie e skill legal. Il risultato si chiama StableCoin che possono favorire un approccio diverso e più “sicuro” alla tokenization e per il quale si intravvedono prospettive di mercato estremamente importanti.

Bruschi spiega il modello degli StableCoin e punta l’attenzione sulla necessità di portare stabilità nella valorizzazione degli asset e delle possibili soluzioni. In particolare si sofferma sull’importanza di un progetto come MakerDAO che permette di semplificare la gestione dell’approccio al mondo cripto da parte delle aziende, che trovano negli StableCoin una risposta in termini di potenziale stabilità ma che hanno bisogno di strumenti per gestire la governance del sistema.

Una soluzione per la Scalabilità: SideChain

Le blockchain consumano tanta energia, sono poco efficienti, è difficile e costoso far scalare progetti su basi di utenti più ampie. Le perplessità che accompagnano la blockchain sono tante, più o meno valide e più o meno strumentalizzate. resta il grande tema di trovare, soprattutto nel campo delle permissionless delle soluzioni che siano nello stesso tempo efficaci e sostenibili. Su questo tema Bruschi sottolinea l’importanza delle SideChain o dei cosiddetti protocolli di secondo livello o ancora delle second level blocklchain. Bruschi osserva che nel caso di alcune tipologie di transazioni, come ad esempio possono essere quelli tra coppie di operatori che si ripetono nel tempo, non è detto che si debba completare tutto il processo sulla blockchain. La transazione può essere gestita su un canale esterno alla blockchain stessa. Si tratta di un compromesso naturalmente che ha lo scopo di unire i livelli di garanzia dei meccanismi della blockchain principale senza dover necessariamente “pagare tutto il prezzo” di una scarsa efficienza. Bruschi ricorda due esempi: Lightning Network per il mondo della Blockchain Bitcoin e State Channel per il mondo Ethereum.

La soluzioni per la user experience: (re) design dei wallet e tanto altro

Il terzo punto sollevato da Bruschi impatta direttamente sulla capacità di diffusione della blockchain al di fuori della community di coloro che hanno iniziato ad apprezzarne le potenzialità e possibilità. La blockchain ha bisogno di avvicinarsi agli utenti, di pensare a forme di approccio che semplifichino interfacce e processi. C’è urgente bisogno, osserva Bruschi, di lavorare a livello di miglioramento della user experience. Il rischio è che chi si avvicina cercando di superare l’immagine di tecnologia complessa si scontri con applicazioni e processi che sono oggettivamente troppo complessi. Ma le risposte stanno già arrivando, ricorda sempre Bruschi e in particolare cita il grande lavoro che la community sta facendo nel ridisegnare ad esempio i wallet per la gestione delle criptocurrency. Il vero obiettivo finale, lo sottolinea Marco Bellezza nel suo intervento è quello di lavorare per trovare il modo di fare arrivare i benefici della blockchain ai cittadini. Diversamente sarà difficile favorire un vero decollo per questi progetti.

La blockchain tra la voglia di Fare e il rischio di Aspettare

Per arrivare a questi risultati il lavoro da fare è indiscutibilmente tanto. La ricerca sulle aziende dell’Osservatorio rivela che la galassia della blockchain in Italia si divide in due grandi pianeti: quello del fare e quello dell’”aspettare”.

Diciamo subito che è più popoloso il mondo del Fare, ma, purtroppo, di poco. Il 59% della vita blockchain della galassia si suddivide tra un 3% di progetti operativi, un 21% di annunci di prossime sperimentazioni e un 35% di sperimentazioni già avviate.

Resta ancora molto esteso il pianeta dell’”Aspettare” dove ci troviamo un 31% che si sta informando e che fa ben sperare, ma che ha accanto un 10% che non ha proprio fatto nulla.

Se poi lo si legge, come propone l’Osservatorio, in chiave di approccio alle tecnologie mettendo in relazione i due grandi “assi” della vision e del commitment, vediamo che non manca attenzione sulla visione, mentre siamo ancora scarsi sull’impegno concreto.  Certo c’è un 8% di Visionari che stanno nel quadrante dell’eccellenza, e c’è un bel gruppo di Pragmatici (18%) e di Entusiasti (15%) che fanno ben sperare, ma il “grosso” è ancora fatto al 51% da Titubanti, come abbiamo visto e, seppur con una visione diversa, sono accompagnati da Sognatori 85%) e da Scettici (7%) che stanno comunque “fermi”.

La ricerca ha poi indagato il livello di conoscenza della blockchain, anche in questo caso confermando, come ha sottolineato Donatella Sciuto, Prorettore del Politecnico di Milano nel corso del convegno, che la priorità è nella formazione e nella diffusione di conoscenza e competenze. Il 31% del campione ammette di conoscere la tecnologia, il 43% si ferma alla sufficienza, alla conoscenza superficiale e solo il 26% dispone di una conoscenza elevata ed è nella condizione di attivarsi e di muoversi.

Italia, Europa, Mondo della blockchain

Alzando lo sguardo oltre i confini del nostro paese dall’Osservatorio arriva uno scenario internazionale dell’Internet of Value guidato ancora una volta dagli Stati Uniti dove si rileva il maggior numero di progetti, ovvero il 17% del totale, il Giappone continua ad essere un mercato strategico con il 7%, al pari della Cina. La Gran Bretagna è il primo paese europeo e conta il 4% dei progetti, una quota analoga a quella della Corea del Sud. In termini di aree geografiche il baricentro dell’Internet of Value si sposta in Asia che somma una presenza di progetti pari al 32%, l’aggregazione continentale premia anche l’Europa che raggiunge una quota del 27% seguita dall’America con il 22%.

Dalla discusione e dal dibattito, idee e proposte sui social

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Articolo aggiornato da Mauro Bellini il 7 Aprile 2019

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